Nel medioevo i cavalieri proteggevano il loro corpo dai fendenti nemici indossando delle solide e pesanti armature metalliche, un concetto che negli anni è stato reinterpretato ed adattato in diversi ambiti, fra i quali anche quello motociclistico. Vediamo come...
Negli anni 40, l'abbigliamento tecnico per andare in moto non esisteva ancora, o meglio era costituito da capi d'uso quotidiano, come il classico dolcevita in lana, il giubbetto in pelle ovina, i pantaloni knickerbockers - meglio conosciuti come "zuava" - e gli stivali con le stringhe.
La prima tuta da moto in pelle fece la sua comparsa durante la stagione 1950 del motomondiale. Ad indossarla fu il pilota britannico Geoff Duke il quale, per migliorare l'efficienza aerodinamica dell'insieme uomo/macchina, ed essere dunque più veloce degli avversari, ne commissionò la realizzazione al maestro pellaio Frank Barker.
In quegli anni i gran premi si svolgevano quasi esclusivamente su tracciati cittadini, i piloti sfrecciavano dunque a velocità elevate fra muri, staccionate, pali della luce, marciapiedi ecc, rischiando la vita metro per metro. Quasi ad ogni gara qualcuno ci lasciava le penne.
L’utilizzo delle tute in pelle, migliorò, seppur di poco, le cose, proteggendo il corpo del pilota dalle abrasioni ma non dagli urti che, in assenza di vie di fuga, rappresentavano il pericolo maggiore.
L'INIZIO DELL'EVOLUZIONE
Prive di protezioni interne e di aree elastiche, le prime tute da moto, in quanto a protezione e comfort, erano molto carenti. Il pilota trovava difficoltà ad assumere e mantenere la posizione di guida ideale e, a fine gara, il più delle volte, era stremato.
Nel 1954 il direttore tecnico della Moto Guzzi, Giulio Cesare Carcano, decise di fare qualcosa per aumentare il comfort in sella dei suoi piloti. Egli costruì una sorta di panchetto che riproduceva la seduta e gli appoggi tipici delle moto. Su di esso il pilota poteva dunque sedersi e simulare la posizione di guida mentre il sarto rilevava le misure per la realizzazione del capo. Grazie a questo metodo innovativo, la tuta veniva dunque preformata per essere più comoda in sella. Era inoltre possibile aumentare lo spessore della pelle, e dunque il grado di protezione offerto dal capo solo laddove serviva.
Le tute così realizzate non solo riducevano l'affaticamento e lo stress, ma favorivano anche movimenti più rapidi del corpo, che si traducevano in una migliore performance generale del pilota.
Negli anni successivi l'evoluzione tecnica delle tute da moto continuò, soprattutto grazie agli affinamenti richiesti dai piloti ai costruttori. Le modifiche furono poi trasferite sui prodotti destinati agli amatori.
Nel 1974 la Dainese introdusse i primi inserti elastici la cui funzione era quella di migliorare la vestibilità dei capi, e incrementare ulteriormente il comfort del pilota.
LA SVOLTA
L'evoluzione delle tute motociclistiche fu però influenzata anche dal cambiamento della tecnica di guida. L'arrivo del finlandese Jarno Saarinen, in particolare, segnò una svolta molto importante sotto questo aspetto: rifacendosi allo stile dello zimbawese Jim Redman, Saarinen usava affrontare le curve con il ginocchio proteso all'interno. Una particolarità che lo rendeva tanto veloce quanto spettacolare agli occhi del pubblico e degli avversari. Così in breve tempo il suo stile di guida venne ripreso ed affinato prima dallo statunitense Kenny Roberts, e successivamente anche dagli altri piloti.
In moto si riuscivano ormai a raggiungere angoli di piega molto accentuati, comparvero così le prime protezioni fisse sulle ginocchia. Furono i piloti Barry Sheene e Roberto Gallina ad installarle, ed utilizzare, per primi. Il pilota sudafricano Jon Ekerold invece, utilizzò dei pezzi di visiera attaccati con del nastro adesivo che potevano essere facilmente sostituiti. A contatto con il fondo stradale questi producevano un minore attrito, e dunque un minore affaticamento per i muscoli delle gambe. Fu così che nacquero le saponette (sliders) intercambiabili.
Nel 1979 una nota casa italiana realizzò il primo back-protector (paraschiena in lingua italiana). Si trattava di una protezione removibile, che incrementava notevolmente il livello di sicurezza dei piloti, poichè ne proteggeva la colonna vertebrale. Negli anni successivi vennero invece introdotte le protezioni composite per spalle, gomiti, avambracci, ginocchia e tibie, aventi base morbida e rivestimento rigido per assorbire e disperdere meglio la forza generata dall'urto.
Nel 1987 iniziò invece la sperimentazione della cosiddetta "gobba", una appendice aerodinamica dalla doppia funzione: migliorare i flussi aerodinamici dell'insieme moto-pilota e proteggere maggiormente la zona superiore della colonna vertebrale.
In quell'anno si iniziarono anche a sperimentare le prime tute in pelle di canguro, un materiale più elastico, leggero e resistente (a parità di spessore) della tradizionale pelle bovina. I primi piloti ad indossarne una in gara furono l'australiano Mick Doohan e il romano Max Biaggi.
Nel 1995 comparvero invece primi inserti esterni in fibre composite (carbonio, kevlar ecc), dapprima sui guanti, per proteggere meglio le nocche e il dorso della mano, successivamente invece anche su spalle e ginocchia, per ridurre l'attrito durante le scivolate.
Negli anni si è inoltre cercato di migliorare un altro aspetto molto importante ai fini del comfort: quello della ventilazione. Per abbassare la temperatura corporea del pilota, ai modelli standard sono stati affiancati quelli estivi, ovvero dotati di ampie zone traforate e di tessuti interni in grado di favorire una migliore termo-regolazione del corpo.
Nel 2007, dopo anni di sperimentazione, debuttò in una gara del motomondiale, la prima tuta dotata di airbag elettronico. Essa era in grado di proteggere, in maniera molto più efficace, collo, clavicole, spalle e cassa toracica, grazie ad una centralina elettronica che interpreta le accelerazioni rilevate dai sensori collocati nei punti strategici e reagisce in poche frazioni di secondo. Il sistema debuttò qualche anno dopo (2011) anche sulle tute per uso amatoriale e sui capi destinati alla mobilità urbana ed extraurbana.
IL FUTURO DELLA TUTA DA MOTO
L'airbag rappresenta l'ultima evoluzione importante della tuta da moto, ma i costruttori non si fermano mai. Probabilmente nei prossimi anni il sistema airbag sarà affinato, le protezioni anti-shock saranno realizzate in nuovi materiali così come le tute che potrebbero essere costruite in nuovi tessuti sintetici ancor più resistenti e leggeri della pelle animale. Staremo a vedere...
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